
Di Alessio Chiodi / Foto di Claudio Rizzini
L’intervista che segue vuole approfondire uno dei lavori che hanno superato brillantemente la selezione dei lavori per Closer 2020, “Anima nera” di Claudio Rizzini. Come i lettori avranno modo di approfondire sul prossimo numero del magazine dedicato proprio ai vincitori della quarta edizione del festival, il lavoro di Rizzini indaga profondamente le attività “underground” (ma neanche troppo) dei movimenti neofascisti italiani. Un lavoro complesso che mette insieme la capacità stilistica (il bianco e nero) e quella documentaristica fornendo un risultato fortemente di impatto. Witness Journal ha voluto condividere con i lettori qualche riflessione emersa dall’intervista all’autore.

Innanzi tutto quanto è durato questo lavoro? In che periodo l’hai realizzato?
Preceduto da un doveroso lavoro di documentazione, il reportage “Anima Nera” inizia esattamente l’11 Novembre 2018. A Brescia, la mia città, colpita nel 1974 dalla strage fascista di Piazza Loggia, Forza Nuova manifesta in un quartiere blindato dai cordoni della polizia. Riesco a documentare l’evento scattando direttamente in mezzo al gruppo neofascista. Il loro desiderio di visibilità e di protagonismo favorisce il mio lavoro . Resisto a qualche provocazione e mi ritrovo con qualche scatto interessante. Decido di continuare, nel corso del 2019, l’anno delle elezioni europee, seguo sia Forza Nuova che CasaPound. Il momento più importante per il reportage avviene però il 23 Marzo 2019, quando riesco ad entrare al raduno di Rogoredo, periferia di Milano, dove CasaPound festeggia i 20 anni del gruppo musicale ZetaZeroAlfa il cui leader, Gianluca Iannone, è anche il presidente del movimento politico. È evidente il vero scopo della manifestazione: la celebrazione della fondazione dei Fasci di combattimento di Mussolini avvenuta proprio cento anni prima. Un migliaio i partecipanti, tra militanti e simpatizzanti. Ci sono tutti, oltre ai movimenti già citati arrivano quelli del Fronte Veneto Skinhead e tutta la galassia nera che ruota intorno all’ estremismo di destra. Musica dura, invettive razziste, scontri fisici per misurare la propria virilità, saluti romani:questi gli ingredienti della serata che ho cercato di documentare.
Il fascismo degli ultimi 20-30 anni è maturato in un ambiente diciamo underground. Ora sta tornando alla ribalta anche tra le istituzioni attraverso la retorica del nazionalismo del XXI secolo. Qual è stato il tuo approccio professionale con questi gruppi durante il tuo lavoro?
Proprio la sponda di Lega e di Fratelli d’Italia ha spinto questi gruppi a uscire allo scoperto. Io ho sempre cercato di fotografare queste persone proponendomi loro a viso aperto, cercando di mantenere una certa neutralità nell’approccio lasciando al lavoro finito il compito di riassumere il mio punto di vista.
Le ideologie di estrema destra che ruolo hanno rispetto al panorama politico italiano e più in generale del mondo occidentale, secondo te?
Le falle evidenti della globalizzazione e una crisi economica ancora tangibile non solo per chi non ha lavoro ma anche per i ceti medi sempre più impoveriti, spinge la politica a rincorrere formule di nazionalismo e protezionismo che sembravano superate. Questo approccio porta voti. L’ideologia di destra, sempre alla ricerca di un nemico da additare come capro espiatorio trova più facilmente consenso e gioca un ruolo importante nella politica italiana ed europea proprio perché fa leva sulle paure della gente. La politica si fa slogan: lo straniero che ci ruba il pane, l’orgoglio italiano, l’onore, il sacrificio. America first negli Usa , prima gli italiani nel nostro paese. La destra estrema si impadronisce degli spazi che una sinistra sempre più latitante lascia scoperti: periferie, fabbriche, piazze.
C’è la sensazione che i gruppi di estrema destra cerchino legittimazione agli occhi delle persone e siano propensi ad aprirsi ai media, giornalisti o fotografi. Sei d’accordo? Rispetto alla cultura popolare e nello specifico alle paure del nuovo millennio, in che modo i valori corrispondono e si ritrovano?
È più di una sensazione. C’è in atto un tentativo propagandistico che propugna l’immagine del “fascista gentile”. Ce lo racconta molto bene Paolo Berizzi nel suo nuovo libro intitolato appunto “L’educazione di un fascista”: da una parte fomentano le rivolte dei comitati di quartiere contro i rom e i profughi, dall’altro si fanno fotografare mentre distribuiscono buste della spesa a famiglie esclusivamente italiane. Cercano la complicità dei media, è importante non farsi strumentalizzare. Ho avuto richieste da parte di esponenti di Casapound Brescia per seguirli nelle ronde e nelle distribuzioni di alimenti ma ho preferito rinunciare ad immagini che sarebbero state usate in modo propagandistico, perché solo di propaganda si tratta. Per quanto riguarda i valori in campo, se la gente più disperata si sente abbandonata dalle istituzioni e dalla società civile diventa preda di chi promette una soluzione facile ai loro problemi, non importa da chi viene l’aiuto.

In quanto fotografo documenti una realtà che sta tornando in auge e che ricorda un passato doloroso. In Italia c’è una difficoltà cronica nel fare i conti con il ventennio fascista (per opportunità politiche soprattutto) e a tal proposito quanto c’è bisogno di documentare i fenomeni di recrudescenza di questi anni? Che ruolo ha la fotografia in tutto questo? Molti sono propensi alla damnatio memoriae
Le mie motivazioni sono appunto quelle di documentare questo particolare momento della vita del nostro Paese seguendo il filo dei miei precedenti lavori. Le pulsioni fascistoidi, le parole d’ordine, gli slogan violenti, ci riportano al cuore di tenebra di un passato con il quale, proprio per i motivi che hai citato non si sono mai fatti i conti. Le derive di oggi invece di essere fermamente condannate da tutto il fronte politico sono tollerate e accettate. La nostra democrazia, per quanto imperfetta, è forte e non è in pericolo ma non si può ignorare l’alto tasso di violenza verbale e fisica che contraddistingue gruppi come Casapound e Forza Nuova. Basta dare un’occhiata ai dati del Viminale: dal 2011 al 2017 i militanti e i simpatizzanti dei gruppi sopracitati hanno collezionato quasi un migliaio di denunce penali. Abbastanza per sciogliere questi movimenti anche senza ricorrere alla legge Scelba. L’anima nera è radicata in tutta Italia , possiede radio , giornali, sedi, legami con i gruppi europei. Non bisogna sottovalutare il fenomeno. Il ruolo della fotografia può essere importante per la sua innata capacità di sintesi e perché richiede un ruolo attivo da parte dello spettatore. Il pericolo è quello di dare visibilità a questi personaggi ma credo sia certamente peggio ignorare o sottovalutare il fenomeno. In un paese dove una donna sopravissuta ai lager deve viaggiare con la scorta non mi sembra il caso. Anzi, certi lavori, penso per esempio a quelli di Paolo Marchetti, fotografo che da anni segue questi avvenimenti, andrebbero portati nelle scuole. A me è successo con “Armàti di paura”, portato insieme a Roberto Mutti agli studenti dei licei milanesi alla Triennale di Milano per il Festival dei Diritti Umani. Un’esperienza che mi ha fatto capire meglio la formidabile capacità della fotografia di suscitare interesse e attenzione se le viene data la possibilità di farlo.

Anche in altri lavori hai utilizzato il bianco e nero, basti pensare a “Armàti di paura” o “Saluteremo il signor padrone”. Questa scelta stilistica a cosa è dovuta?
Il linguaggio del bianco e nero è la mia voce fotografica, mi aiuta ad essere essenziale e ad arrivare con più efficacia al cuore dell’immagine. Non ho pregiudizi verso il colore, ho visto lavori straordinari scattati con il colore ma la mia formazione visiva è passata attraverso i film noir americani degli anni 40-50, le tavole disegnate da Hugo Pratt , le fotografie dei grandi maestri del reportage come Capa e Koudelka, i nostri Mario Dondero, Uliano Lucas e i miei illustri conterranei Vincenzo Cottinelli ed Eros Fiammetti. Inoltre mi piace molto lavorare con poca luce ed estrarre dal nero i miei soggetti. In “Anima Nera” è proprio il nero il protagonista delle immagini. In tutti i sensi.
Con “Saluteremo il signor padrone” fai un’analisi sociologica dell’altra metà della mela rispetto a “Anima nera”. Cosa cambia rispetto all’altro lavoro inteso come approccio ai soggetti ritratti.
Con “Saluteremo il Signor Padrone” entro nelle fabbriche e l’empatia con i soggetti è immediata, conosco le storie di tutti gli operai fotografati, conosco i luoghi, sono perfettamente a mio agio. Con i soggetti di “Anima Nera” l’approccio è quasi da antropologo , fotografo un mondo che mi è sconosciuto e che mi accetta a fatica. In alcuni casi anzi ricevo minacce esplicite. La curiosità e la voglia comunque di capire mi ha spinto a continuare e a cercare comunque barlumi di umanità in questo nero profondo.