Di Andrea Mancuso / Foto AA.VV.
Non potevamo saperlo, neanche immaginarlo. Come ogni inizio d’anno, anche il 2020 porta con sè buoni propositi, la dieta dopo le feste, la palestra e fra i tanti corsi che quest’anno si sarebbero potuti fare, perché non regalarsene uno di fotografia? Impegnata nella diffusione della cultura fotografica, nell’educazione ai linguaggi visuali e nella promozione della fotografia come strumento di integrazione e socializzazione, Witness Journal decide di offrire la seconda edizione del corso base a Milano. Trovata la sede grazie a Cascina Casottello, a metà febbraio si parte. Sei lezioni teoriche affiancate da due uscite fotografiche: un percorso di educazione all’immagine che passa dal funzionamento della reflex, dalla corretta esposizione, partendo naturalmente dalle regole base della composizione.
Centrate sulle esigenze specifiche delle partecipanti, le lezioni proseguono, come le notizie. Marzo. Finalmente alla parte teorica si affianca la prima uscita fotografica, Piazza Gae Aulenti è la cornice nella quale le corsiste, affiancate dai docenti, mettono in pratica le nozioni acquisite in aula.
Il 9 marzo 2020, il governo italiano guidato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha imposto l’obbligo di quarantena a livello nazionale, limitando il movimento della popolazione tranne che per necessità di lavoro e circostanze sanitarie, in risposta alla crescente pandemia di COVID-19 diffusa oramai in tutto il Paese.
Ci troviamo costretti a sospendere il corso. Restiamo in contatto mentre dalle finestre e dai balconi il tempo viene scandito dagli applausi di mezzogiorno, la tal canzone pomeridiana o il più gettonato inno d’Italia: stringiamoci a corte, che andrà tutto bene. D’un tratto ci riscopriamo essenziali, anche nelle fabbriche e nelle aziende. Le metropolitane restano affollate. Le due ruote solcano le strade prendendone possesso, sono i rider, che trasportano i nostri pasti da una parte all’altra di Milano.
Per le tutele c’è tempo. La produttività lombarda chiama, Bergamo il 18 marzo risponde in fila indiana.
“Quando il tempo ci opprime, talvolta è un secondo a salvarci. È il miracolo dell’attimo: essere, vedere o scattare una foto. La foto è lì, si raccoglie come un ciottolo sulla spiaggia…Oggi sappiamo che è l’attimo a salvarci” (Edouard Boubat). Con questo spirito, decidiamo di scrivere alle corsiste, per sapere come stanno, in punta di piedi, non sapendo cosa ognuna di loro stesse vivendo.
La fotografia compie il suo piccolo miracolo, l’entusiasmo corre nell’etere coinvolgendoci tutte e tutti, condividiamo materiale da visionare ed esercizi da fare a casa, commentando le foto per telefono o carteggiando sulla tastiera di un pc.
Un nuovo modo di comunicare, restiamo vicini. Un ponte oltre le barriere.
Col passare del tempo, ancora nell’incertezza, a maggio decidiamo di svolgere online le ultime lezioni per concludere il percorso intrapreso a febbraio. Ma non è ancora arrivato il momento dei saluti, a giugno le restrizioni si allentano, possiamo tornare ad uscire. Con la voglia di rivederci dal vivo fissiamo la data dell’uscita fotografica che non eravamo riusciti a fare in precedenza.
Una data, due manifestazioni, due luoghi ben precisi: sabato 20 giugno, Piazza del Duomo e Palazzo della Regione. Avremmo potuto scegliere qualsiasi altro posto, magari una situazione più congeniale per un corso base di fotografia, ma avevamo 16.000 motivi per voler essere a fianco di tutte quelle persone che, sfidando il caldo torrido, chiedevano di commissionare la sanità lombarda.
Abbiamo pagato sulla nostra pelle e su quella delle persone a noi care, decenni di scelte scellerate che hanno privilegiato l’ospedalizzazione e la centralizzazione delle strutture sanitarie, che hanno smantellato i servizi socio-assistenziali e ridotto a merce la salute delle persone. Ci è sembrato il modo più giusto per chiudere questa esperienza.