Aiuti e rifiuti

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Testo e fotografie di Claudio Cantù

Ambiente e sviluppo, due elementi che sempre più vengono collegati e sviluppati in stretta connessione, ma che in alcuni casi non vengono sufficientemente considerati nei paesi del sud del mondo. Una contraddizione che emerge durante una missione di monitoraggio a progetti di cooperazione internazionale in Sahara Occidentale. Una realtà unica dove uno stallo politico diplomatico impedisce la realizzazione di un referendum per l’autodeterminazione del popolo Saharawi (come previsto dalle risoluzioni 1514/60 e 1541/60 dell’ONU) a seguito dell’occupazione del Marocco e costringe centinaia di migliaia di persone a sopravvivere in campi profughi.

Siamo diretti nei territori liberati del Sahara Occidentale, per una missione di cooperazione internazionale della Rete Saharawi Italiana con Massimiliano Caligara di Legambiente “Circolo Amici del lago”, Arona (NO). La base di partenza è nei campi profughi Saharawi in territorio algerino dove decine di migliaia di persone (le stime superano 200.000) sopravvivono di aiuti umanitari. Circondati del deserto più ostile senza alcuna possibilità di sviluppare una economia di sussistenza attendono e lottano pacificamente per rientrare nei propri territori occupati dal Marocco.  

Puntiamo verso sud e costeggeremo per lunghi km il muro che ne conta 2.800 costruito dal Marocco ai confini dei territori occupati, dopo la sottoscrizione della tregua con il Fronte Polisario che doveva servire per realizzare il referendum sull’autodeterminazione del popolo saharawi.

Usciamo da Smara, uno dei cinque campi profughi dove hanno trovato rifugio i saharawi fuggiti dalla violenta occupazione del Sahara Occidentale da parte del regno del Marocco.  Decine di migliaia di persone sopravvivono in questo campo in territorio algerino. Unica fonte di sostentamento sono gli aiuti umanitari delle agenzie internazionali (UNHCR, PAM, UNICEF, ecc.) e la solidarietà e cooperazione internazionale.  Nella loro tragica situazione le zone che ospitano i campi profughi e i territori liberati dal Fronte Polisario , a differenza di altre parti dell’Africa, non sono sfruttati da potenze straniere e il territorio non è stato violentato e contaminato dai rifiuti dei processi di sfruttamento.  

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Huilaya di Smara Campo profughi Saharawi  (Algeria)

Riflettiamo su questo, ma ci rendiamo conto attraversando il campo che le conseguenze del sistema mondiale di produzione, di distribuzione e di consumo delle merci produce i suoi effetti deleteri anche in questo territorio di per se incontaminato.

Energia e prodotti di “consumo” qui indispensabili, sembrano essere trasportati e offerti senza tenere in alcun conto i principi che faticosamente stiamo cercando di applicare a tutela dell’ambiente. La sensazione che ci pervade è che ancora una volta le aree marginali del mondo lo debbano essere anche nello sviluppo delle buone pratiche per la conservazione del pianeta. Vediamo elettrodotti che avanzano e si perdono nel deserto sotto un sole infuocato e battuto da venti caldi. Sole e vento evocano l’immagine di energia e potenza, e qui potrebbero esserne la fonte pulita e indipendente evitando il riprodursi di sudditanze energetiche. La presenza di giacimenti di idrocarburi (nella vicina Algeria) considerati e termine, qui sembra vengano proposti come inesauribili e rappresentano una prospettiva che sta eliminando l’esperienza dell’autoproduzione di energia domestica con fonti alternative come il fotovoltaico. 

Negli accampamenti vediamo merci indispensabili confezionate e distribuite senza tenere conto che se il problema dello smaltimento dei rifiuti è un problema gigantesco nelle nostre città, qua è insormontabile. Il problema del confezionamento delle merci ed il relativo smaltimento o recupero viene affrontato, finalmente nelle aree di produzione e consumo, ma non nelle aree in cui rappresentano non un consumo ma la sussistenza. 

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Huilaya di Smara Campo profughi Saharawi  (Algeria)

Nelle aree urbane dell’emisfero nord il recupero del rifiuto o il suo smaltimento necessitano di sistemi complicati e risorse enormi e le soluzioni adottate finora si stanno dimostrando insostenibili.  Nelle aree del sud dove queste risorse non esistono è impensabile riprodurre lo stesso sistema che peraltro si sta verificando non essere più sostenibile. 

Energia pulita, materiali riciclabili, tecniche di smaltimento non vengono proposte e veicolati con le merci che vengono spostate dal nord verso i paesi del sud. Si cerca di rimediare nel nord ma non ci si pone il problema di tutelare e difendere il sud del mondo. 

Il ricorso a materiali degradabili per limitare l’impatto dei rifiuti sul territorio, qui non accompagna i prodotti che vengono distribuiti. Troviamo plastica sui cespugli una volta penetrati per centinaia di km nel deserto dell’hamada come se il vento fosse l’unico sistema di smaltimento. Nei villaggi o nei campi profughi gli animali si nutrono di plastica e rifiuti che non possono essere smaltiti in un territorio con queste caratteristiche e rientrano nella catena alimentare umana con il consumo delle carni di questi animali.

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La ricerca di un sistema più compatibile sembra venga rimandato per quello che riguarda il sud non considerando queste aree se non addirittura concependole come discariche per i prodotti pericolosi. Ma senza evocare lo scandaloso traffico di rifiuti speciali e pericolosi in angoli dell’Africa, restiamo impressionati dalla presenza di plastica che circonda i campi dei rifugiati. 

Proseguiamo il nostro viaggio verso la zona di Tifariti (Sahara Occidentale, territori liberi della RASD Repubblica Araba Saharawi Democratica) che prevede diverse ore su piste che tracciano linee nel deserto che solo gli eccezionali autisti Saharawi riescono leggere. Tra i primi progetti che monitoreremo, ci sarà un orto sperimentale nel deserto e alcune scuole dove vengono preparati pasti per gli alunni e distribuite merende durante il giorno. Un progetto di sostegno alimentare per la popolazione del deserto che attraverso l’alimentazione dei bambini a scuola supporta la frequenza scolastica e rafforza la cultura e la conoscenza come arma per questo popolo nella lotta per la sua indipendenza.  Aggiungeremo alle tante soluzione da trovare anche il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che i rifornimenti producono perché se un altro modello di sviluppo è possibile non può che partire dove lo sviluppo lo si sta costruendo.

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